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martedì 8 gennaio 2013

AFIP Domanda a Toni Thorimbert

Nell’ambito delle iniziative che AFIP sta mettendo in campo per aprirsi sempre di più alle nuove generazioni ci è parso utile cominciare col mettere in rete il quesito dei quesiti:
 “In questo terzo millennio di enormi cambiamenti tecnologici, in cui la velocità di fruizione delle immagini prodotte nel mondo è quasi istantanea, esiste ancora una specificità della fotografia italiana, un vedere italiano che differenzi la nostra fotografia da quella straniera?”
Qui di seguito una serie di risposte di esponenti che appartengono a vario titolo al nostro mondo e che serviranno da stimolo per aprire una discussione che speriamo ampia e a molte voci.
Il vostro parere è indispensabile per creare la fotografia del futuro!


“Secondo lei esiste una fotografia italiana? Se si, quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono?”

 

Toni Thorimbert  -  Fotografo

Risponde:

Se devo generalizzare, e così mi pare sia orientata la richiesta, ritengo che la fotografia italiana, genericamente intesa come corrente e come somma di molteplici esperienze accumulate in epoche diverse e sovrapposte, è dedicata alla bellezza. La sua anima è classica, poco contemporanea. Rifugge il dramma, tipico della cultura anglosassone – ed americana in modo particolare - rifugge l’impegno, tipico di molta fotografia francese, l'estrosa cupezza delle culture nordiche e il narcisismo decadente di molta fotografia giapponese. La fotografia italiana è bella, curata, a volte leccata, anche quando si cimenta a mostrare cose non belle. E’ una fotografia con la mamma - o la moglie - a casa che ti stira e cucina: un esercizio di stile, spesso di notevole qualità, ma a volte un po’ stucchevole. La fotografia italiana è intelligentemente frivola, elegante, molto, molto provinciale. Ma bella.

Toni Thorimbert

venerdì 30 novembre 2012

AFIP Domanda a Settimo Benedusi

Nell’ambito delle iniziative che AFIP sta mettendo in campo per aprirsi sempre di più alle nuove generazioni ci è parso utile cominciare col mettere in rete il quesito dei quesiti:
 “In questo terzo millennio di enormi cambiamenti tecnologici, in cui la velocità di fruizione delle immagini prodotte nel mondo è quasi istantanea, esiste ancora una specificità della fotografia italiana, un vedere italiano che differenzi la nostra fotografia da quella straniera?”
Qui di seguito una serie di risposte di esponenti che appartengono a vario titolo al nostro mondo e che serviranno da stimolo per aprire una discussione che speriamo ampia e a molte voci.
Il vostro parere è indispensabile per creare la fotografia del futuro!


“Secondo lei esiste una fotografia italiana? Se si, quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono?”


Settimio Benedusi - Fotografo

Risponde: 

La Fotografia penso abbia, se si parla di nazioni, un padre ed una madre molto precisi: la Francia e l’America. La prima (il padre) ha fornito il primo spermatozoo, creandola, la seconda (la madre) l’ha cresciuta e fatta diventare adulta.
Cosa e come possa essere considerata l’Italia in questa metafora non lo so, forse uno zio simpatico che ogni tanto l’ha portata in giro a divertirsi, ma poco più.
Mentre infatti è esistita ed esiste una fotografia francese ed americana molto precisa (così come in verità esiste una fotografia tedesca, inglese, giapponese e addirittura africana…) temo che non si possa veramente dire che esista una Fotografia italiana, con una sua identità definita e con caratteristiche precise. La Fotografia in Italia infatti temo che sia sempre stata vista (e tuttora lo sia!) come un passatempo amatoriale: non è un caso che il suo background forse più solido siano state le associazioni fotoamatoriali (vedi La Gondola, a Venezia) dalle quali peraltro sono usciti grandi nomi.
Ma sempre associazioni amatoriali sono! Con finalità, modalità e caratteristiche ben diverse dagli ambiti nei quali si sono da sempre ritrovati ad operare i fotografi di altre nazioni.
Se penso a fotografi che a mio vedere rappresentino in maniera seria, profonda e storicizzata una visione italiana della Fotografia solo tre nomi mi vengono in mente: Ugo Mulas, Federico Patellani e Giampaolo Barbieri. Certamente esistono tanti altri nomi di fotografi italiani che rappresentano l’eccellenza della fotografia italiana nel mondo, ma non sono così sicuro che possano assumersi l’onore e la responsabilità di essere rappresentativi in maniera esclusiva di una stile italiano.
Mulas, Patellani e Barbieri a mio avviso invece hanno le caratteristiche per potersi definire inequivocabilmente italiani, e nient’altro.
Ugo Mulas rappresenta la mente, il cervello, l’intelletto, caratteristiche forse piccolo borghesi ma che sono e sono sempre state nel nostro dna. Quelle che hanno reso immensa la commedia del cinema italiano, quelle che hanno fatto in maniera tale che fossero scritti libri che sono riusciti a superare le barriere linguistiche, e penso a Calvino.
La mente, il cervello e l’intelletto di Ugo Mulas non a caso, alla fine della sua vita, sono culminate nelle “Verifiche”, baluardo irraggiungibile di una meditazione sulla fotografia, che non ha eguali al mondo.
Federico Patellani è il neorealismo, che è una cosa assolutamente e unicamente italiana: lui è stato colui il quale è riuscito a dargli una dignità fotografica e non solo cinematografica.
Giampaolo Barbieri rappresenta la stagione d’oro della moda italiana, quando c’erano i vestiti italiani, fatti in Italia da sarti italiani, modelle italiane, truccatori italiani, parrucchieri italiani e infine giornali e giornalisti italiani che (nonostante tutta questa italianità?!?) mostravano al mondo che il nostro stile e la nostra eleganza avevano radici culturali antiche e solide.
Ecco, questi tre grandissimi Fotografi fanno in maniera tale che, pur in maniera marginale, forse esista una fotografia italiana, ed abbia in sé le caratteristiche (l’intelligenza, il realismo e l’eleganza) di questi tre grandi autori.

Settimio Benedusi

mercoledì 28 novembre 2012

AFIP Domanda a Ferdinando Scianna

Nell’ambito delle iniziative che AFIP sta mettendo in campo per aprirsi sempre di più alle nuove generazioni ci è parso utile cominciare col mettere in rete il quesito dei quesiti:
 “In questo terzo millennio di enormi cambiamenti tecnologici, in cui la velocità di fruizione delle immagini prodotte nel mondo è quasi istantanea, esiste ancora una specificità della fotografia italiana, un vedere italiano che differenzi la nostra fotografia da quella straniera?”
Qui di seguito una serie di risposte di esponenti che appartengono a vario titolo al nostro mondo e che serviranno da stimolo per aprire una discussione che speriamo ampia e a molte voci.
Il vostro parere è indispensabile per creare la fotografia del futuro!


“Secondo lei esiste una fotografia italiana? Se si, quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono?”

Photo by Diego Ronzio

Ferdinando Scianna  -  Fotografo

Risponde:

Buona domanda, difficilissima risposta.
Per molto tempo ho creduto che la fotografia italiana, per ragioni storiche e sociali, soprattutto, non avesse fatto a tempo a costruire un suo sistema di segni, di caratteristiche che la rendessero originale, o almeno riconoscibilmente peculiare.
Non è avvenuto come in Francia, dove la nuova borghesia assume da subito la fotografia come una propria espressione, la acquista e la regala al mondo.
Non è avvenuto come negli Stati Uniti, dove una società giovane che fondava una nuova realtà sociale e politica e mancava di una grande tradizione storico figurativa trova nella fotografia lo strumento per costruirsene una.
Da noi, nazione appena nata ma culturalmente oberata da una tradizione storica culturale forse troppo pesante, la mancata rivoluzione borghese ha impedito che la fotografia fosse sentita e usata come strumento della modernità.
Chi sono i nostri padri fotografici? Il conte Primoli, scrittori come Capuana e Verga, pittori come Michetti, grandi dilettanti "à la page" di quanto succedeva in Europa che sperimentavano la fotografia come gioco e come autocompiacimento estetico.
Quando la fotografia italiana è diventata un fenomeno molto più diffuso, per anni è stato l'affare dei circoli fotografici.  Il crociano Cavalli era il suo profeta.
I fotografi che hanno tentato di uscire da quella pur interessante palude hanno guardato alla fotografia francese e americana, soprattutto.
Un paradosso è, per esempio, che il fenomeno economico culturale forse più cospicuo della contemporaneità italiana - la moda e il design - non hanno saputo costruire contemporanee mitologie di fotografi italiani.
Eppure, il fotografo forse più difficile da collocare, Mario Giacomelli, è un fotografo incontestabilmente italiano. Molto italiano è il cosmopolita Mulas. Sento molto italiani Basilico e Berengo Gardin.
Adesso mi pare di poter dire che anche se è difficilissimo isolare le caratteristiche specificamente italiane della nostra fotografia, pure è possibile, credo, individuarne una certa cadenza speciale.
 Una solida aria di appartenenza alla nostra grande tradizione figurativa, una certa vocazione, almeno fino a un certo momento, alla narrazione sociale e culturale.
Sì, forse esiste una fotografia italiana. Forse.  


Ferdinando Scianna

venerdì 23 novembre 2012

AFIP Domanda a Fabio Castelli

Nell’ambito delle iniziative che AFIP sta mettendo in campo per aprirsi sempre di più alle nuove generazioni ci è parso utile cominciare col mettere in rete il quesito dei quesiti:
 “In questo terzo millennio di enormi cambiamenti tecnologici, in cui la velocità di fruizione delle immagini prodotte nel mondo è quasi istantanea, esiste ancora una specificità della fotografia italiana, un vedere italiano che differenzi la nostra fotografia da quella straniera?”
Qui di seguito una serie di risposte di esponenti che appartengono a vario titolo al nostro mondo e che serviranno da stimolo per aprire una discussione che speriamo ampia e a molte voci.
Il vostro parere è indispensabile per creare la fotografia del futuro!


“Secondo lei esiste una fotografia italiana? Se si, quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono?”

Fabio Castelli - Pres. MIA e collezionista


Risponde:

Mi scuso per il grande ritardo con cui le rispondo, ma più volte mi sono ripromesso di scriverle ma l'argomento è talmente vasto e, per me, talmente interessante, che non sono stato capace di pensare ad una risposta adeguata sinteticamente espressa.
Ho più volte pensato agli stati generali sulla fotografia dove si potesse impostare e discutere, insieme ai numerosi altri argomenti che l'argomento imporrebbe, anche quello sul ruolo della fotografia italiana e sulle sue caratteristiche.
Non ho ancora identificato la piattaforma con la quale realizzare questo progetto ma, prima o poi, ne verremo a capo e probabilmente MIA fair sarà una buon mezzo di comunicazione, mediante il suo programma degli eventi culturali.
Se comunque  è sufficiente la massima sintesi, la risposta è SI.
Con i miei migliori saluti anche a Giovanni


Fabio Castelli

mercoledì 25 luglio 2012

AFIP domanda a Italo Zannier

Nell’ambito delle iniziative che AFIP sta mettendo in campo per aprirsi sempre di più alle nuove generazioni ci è parso utile cominciare col mettere in rete il quesito dei quesiti:
 “In questo terzo millennio di enormi cambiamenti tecnologici, in cui la velocità di fruizione delle immagini prodotte nel mondo è quasi istantanea, esiste ancora una specificità della fotografia italiana, un vedere italiano che differenzi la nostra fotografia da quella straniera?”
Qui di seguito una serie di risposte di esponenti che appartengono a vario titolo al nostro mondo e che serviranno da stimolo per aprire una discussione che speriamo ampia e a molte voci.
Il vostro parere è indispensabile per creare la fotografia del futuro!


“Secondo lei esiste una fotografia italiana? Se si, quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono?”

Italo Zannier - Storico, fotografo e critico della fotografia

Risponde:

La fotografia “italiana” ha certamente un suo carattere ( non soltanto oggi, con il “paesaggio”, e storicamente fu in gran parte affidato alla tipologia “Alinari”, nella seconda metà dell'800. Una fotografia eccellente, specialmente nella “riproduzione” ( o meglio, nella trascrizione”, o”traduzione” … ) d'arte. Immagini comunque leziose, neutrali il più possibile nei segni della luce e nel contrasto grafico. Mai un azzardo nella prospettiva, un anomalia nel punto di vista o nell'illuminazione. Una fotografia persino noiosa, che gli storici dell'arte – a loro volta tradizionalisti “accademici”, hanno comunque utilizzata, ritenendo quelle immagini, una “copia tascabile” e obiettiva della realtà, in un pre-concetto che purtroppo sussiste.
Pochi invece, capirono che la fotografia è una “lettura” del reale- ideologica lettura, oltre che tecnica – come la pensò Corrado Ricci o Bernard Berenson, che la rispettavano e la pretendevano, specialmente quest'ultimo, un giudizio fotografico, prima di ogni altro.
Ma ritorniamo alla domanda!
Con un'altra premessa, però, affermando che la fotografia è innanzi tutto IDEOLOGICA. “ideologica” come concetto di vita, di illusioni, di progetti, infine di cultura.
Gli italiani, ideologicamente – è ormai un luogo comune -, sembrano invece ancora confusi ( anche in senso “nazionalistico” ) e ciò si riflette ovviamente non soltanto nella politica, ma anche nella produzione artistica compresa la fotografia. La nostra fotografia infatti generalmente neutrale, timida, vassalla di una nostrana cultura umanistica, persin provinciale, che tuttora ci penalizza anche negli studi filologici e concettuali.
L'identità della fotografia italiana credo vada ricercata li, in questa sua specifica “timidezza” , che a livello internazionale la relega spesso in serie B, nonostante tutto, anche i molti riconoscimenti ufficiali, che non mancano, a parole e medagliette e in cento mostre, tra eventi dilettanteschi e rievocazioni storicistiche. Il grande collezionismo, invece, sembra disattento nei nostri confronti, basti considerare le ultime aste londinesi!
Facendo finta di niente e con un po' di cattiveria, potremmo aggiungere che la fotografia italiana è ancora connotata ( si vedano i cataloghi dei tentativi d'asta ! ) da un'impresa fotoamatoriale, quella sviluppatasi appassionatamente nel dopoguerra, negli anni Cinquanta-Sessanta nel dibattito, spesso sterile, fra “formalismo” e “neorealismo” ( a loro volta eventi culturali ideologici, e persino politici ), spesso riferiti a esempi stranieri, già allora superati e arditamente imitati, come l'umanesimo francese o il soggettivismo tedesco. Anche il “paparazzismo”, a rileggerlo, fu “debole”, nonostante il beffardo Secchiaroli !
La nostra fotografia manca di “drammaticità” ( si salvò Mario Giacomelli, con pochi altri ), eppure abbiamo vissuto, e tuttora siamo immersi in momenti anche drammatici, eccome!
La politica, il giornalismo ipocrita ( nel dopo Longanesi e Pannunzio … ), hanno comunque spesso, a loro volta, condizionato anche il lavoro dei fotografi, annacquando la specificità e l'efficacia internazionale della nostra fotografia.

Cordialmente, con molti auguri per la sua iniziativa.

Italo Zannier, Lignano Pineta 3 Luglio 2012.

martedì 24 luglio 2012

AFIP domanda

Nell’ambito delle iniziative che AFIP sta mettendo in campo per aprirsi sempre di più alle nuove generazioni ci è parso utile cominciare col mettere in rete il quesito dei quesiti:
 “In questo terzo millennio di enormi cambiamenti tecnologici, in cui la velocità di fruizione delle immagini prodotte nel mondo è quasi istantanea, esiste ancora una specificità della fotografia italiana, un vedere italiano che differenzi la nostra fotografia da quella straniera?”
Qui di seguito una serie di risposte di esponenti che appartengono a vario titolo al nostro mondo e che serviranno da stimolo per aprire una discussione che speriamo ampia e a molte voci.
Il vostro parere è indispensabile per creare la fotografia del futuro!


"Secondo lei esiste una fotografia italiana? Se sì, quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono?"

Alessia Paladini, galleria Forma

Risponde:

 La fotografia italiana esiste, ed è a mio parere molto vitale e stimolante, anche se non credo si possa parlare di una “scuola italiana”. Esistono grandi talenti, sia tra i maestri della tradizione del novecento che tra le nuove generazioni di emergenti; trovo però che sia necessario e imprescindibile uno sforzo maggiore per fare conoscere la fotografia italiana e i suoi protagonisti a livello internazionale, permettendo così di uscire da una dimensione “provinciale” che penalizza da sempre i nostri artisti”.

Alessia Paladini

Luca Panaro, critico d'arte

Risponde:

Venuta meno la possibilità di ricoprire un ruolo prestigioso nel nostro Paese, la fotografia italiana contemporanea ha cercato prima delle altre nazioni il riconoscimento oltre confine, e questo le ha dato un vantaggio considerevole rispetto alle “avversarie” europee. La grande varietà di proposte e di caratteri stilistici che la caratterizzano, ha permesso alla nostra fotografia di distinguersi dall'omologazione che spesso connota la scena internazionale. I fotografi italiani non si riconoscono in uno stile, non possiamo parlare di una “scuola”, anche se a volte lo si è fatto a proposito del paesaggio, piuttosto di una serie di battitori liberi accomunati da una spiccata sensibilità a cogliere i tratti salienti del proprio tempo.

Luca Panaro, critico d'arte