venerdì 14 dicembre 2012

Dicembre a Roma “INTRA” di Elia Festa


Il lavoro “INTRA” trasforma in immagine lo stato d’animo dell’artista Angela Carrubba Pintaldi nel momento in cui realizza il “MANTO DELLA MADONNA DEGLI ANGELI”, le sue gesta sacrali, le emozioni che sta vivendo, i segni sulle parti del suo corpo sono tutt’uno con l’opera stessa e tutto ciò è presente in questa sequenza in B-N con armonia musicale, “INTRA” verrà presentata in mostra in forma circolare chiusa, visibile all’interno e sospesa ad un’altezza di circa cm.160 da terra per far sì che il pubblico diventi parte attiva dell’opera stessa entrandovi fisicamente così da poter comprendere quello che io stesso ho sentito durante la realizzazione.
“INTRA” è realizzato con stampa Giclèe ai pigmenti di carbone su tela fine-art in formato cm. 130x1.500 , e avrà un diametro m.4,80 circa.
Sul lavoro “INTRA” Angela Carrubba Pintaldi è intervenuta con mani e piedi nello stesso modo in cui realizza i suoi “MANTI”







venerdì 30 novembre 2012

AFIP Domanda a Settimo Benedusi

Nell’ambito delle iniziative che AFIP sta mettendo in campo per aprirsi sempre di più alle nuove generazioni ci è parso utile cominciare col mettere in rete il quesito dei quesiti:
 “In questo terzo millennio di enormi cambiamenti tecnologici, in cui la velocità di fruizione delle immagini prodotte nel mondo è quasi istantanea, esiste ancora una specificità della fotografia italiana, un vedere italiano che differenzi la nostra fotografia da quella straniera?”
Qui di seguito una serie di risposte di esponenti che appartengono a vario titolo al nostro mondo e che serviranno da stimolo per aprire una discussione che speriamo ampia e a molte voci.
Il vostro parere è indispensabile per creare la fotografia del futuro!


“Secondo lei esiste una fotografia italiana? Se si, quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono?”


Settimio Benedusi - Fotografo

Risponde: 

La Fotografia penso abbia, se si parla di nazioni, un padre ed una madre molto precisi: la Francia e l’America. La prima (il padre) ha fornito il primo spermatozoo, creandola, la seconda (la madre) l’ha cresciuta e fatta diventare adulta.
Cosa e come possa essere considerata l’Italia in questa metafora non lo so, forse uno zio simpatico che ogni tanto l’ha portata in giro a divertirsi, ma poco più.
Mentre infatti è esistita ed esiste una fotografia francese ed americana molto precisa (così come in verità esiste una fotografia tedesca, inglese, giapponese e addirittura africana…) temo che non si possa veramente dire che esista una Fotografia italiana, con una sua identità definita e con caratteristiche precise. La Fotografia in Italia infatti temo che sia sempre stata vista (e tuttora lo sia!) come un passatempo amatoriale: non è un caso che il suo background forse più solido siano state le associazioni fotoamatoriali (vedi La Gondola, a Venezia) dalle quali peraltro sono usciti grandi nomi.
Ma sempre associazioni amatoriali sono! Con finalità, modalità e caratteristiche ben diverse dagli ambiti nei quali si sono da sempre ritrovati ad operare i fotografi di altre nazioni.
Se penso a fotografi che a mio vedere rappresentino in maniera seria, profonda e storicizzata una visione italiana della Fotografia solo tre nomi mi vengono in mente: Ugo Mulas, Federico Patellani e Giampaolo Barbieri. Certamente esistono tanti altri nomi di fotografi italiani che rappresentano l’eccellenza della fotografia italiana nel mondo, ma non sono così sicuro che possano assumersi l’onore e la responsabilità di essere rappresentativi in maniera esclusiva di una stile italiano.
Mulas, Patellani e Barbieri a mio avviso invece hanno le caratteristiche per potersi definire inequivocabilmente italiani, e nient’altro.
Ugo Mulas rappresenta la mente, il cervello, l’intelletto, caratteristiche forse piccolo borghesi ma che sono e sono sempre state nel nostro dna. Quelle che hanno reso immensa la commedia del cinema italiano, quelle che hanno fatto in maniera tale che fossero scritti libri che sono riusciti a superare le barriere linguistiche, e penso a Calvino.
La mente, il cervello e l’intelletto di Ugo Mulas non a caso, alla fine della sua vita, sono culminate nelle “Verifiche”, baluardo irraggiungibile di una meditazione sulla fotografia, che non ha eguali al mondo.
Federico Patellani è il neorealismo, che è una cosa assolutamente e unicamente italiana: lui è stato colui il quale è riuscito a dargli una dignità fotografica e non solo cinematografica.
Giampaolo Barbieri rappresenta la stagione d’oro della moda italiana, quando c’erano i vestiti italiani, fatti in Italia da sarti italiani, modelle italiane, truccatori italiani, parrucchieri italiani e infine giornali e giornalisti italiani che (nonostante tutta questa italianità?!?) mostravano al mondo che il nostro stile e la nostra eleganza avevano radici culturali antiche e solide.
Ecco, questi tre grandissimi Fotografi fanno in maniera tale che, pur in maniera marginale, forse esista una fotografia italiana, ed abbia in sé le caratteristiche (l’intelligenza, il realismo e l’eleganza) di questi tre grandi autori.

Settimio Benedusi

Mostra fotografica di Mario Giacomelli e Elia Festa

Photo by Elia Festa
Mostra fotografica di Mario Giacomelli con la partecipazione straordianaria di Elia Festa

Scanno. La serie completa.

Dal 30 novembre 2012 al 1 febbraio 2013
Photology - Via Moscova 25 - Milano


AFIP e i giovani

Caro Alfredo,

Mi chiamo Tomaso, sono un giovane appassionato di fotografia che sta tentando di intraprendere questa carriera.  Abito a Londra  da 7 anni, ho studiato e per svariati motivi ho fatto altri lavori (puoi trovare il mio curriculum su questo link http://www.li5ky.com/stuff/cvtomasolisca.pdf in pdf). Marirosa Ballo mi ha raccontato che l'AFIP (fondata anche da Aldo Ballo e da te), stà preparando un sito nuovo e vorrebbe aprirsi/orientarsi un po' di piu' alle nuove generazioni.  Vorrei condividere questo progetto, e offrirti la mia collaborazione.

Mi sono permesso di considerare che pur essendo l'associazione con il piú gran numero di autori e custodi della cultura storica della fotografia italiana, al momento l'AFIP non ha alcuna presenza in rete tranne www.afip.it, e pochi contenuti oltre al blog appena inaugurato che facciano conoscere al mondo la vostra esperienza e cultura fotografica.  Parlo dal punto di vista di tanti giovani che come me stanno muovendo i primi passi nel mondo professionale, e che potrebbero arricchirsi immensamente se avessero un piú facile accesso alla cultura, esperienza e "vita vissuta" di tanti maestri dell'AFIP.

Mi sembra che la rete, sia perche' largamente accessibile che per la sua caratteristica di essere asincrona, sia l'unico canale possibile per divulgare efficacemente la storia dell'AFIP al mondo.  In particolare, penso che l'AFIP dovrebbe creare uno spazio virtuale, definibile anche come "social network", in cui si possano aggregare opinioni, consigli, testimonianze e storie sotto il nome dell'Associazione.  Uno spazio virtuale utile, aperto e trasparente, in cui attraverso la condivisione e la discussione si possano riavvicinare "vecchio e nuovo" e in particolare tramandare conoscenza, esperienza, filosofia, cultura e i valori tanto ammirati nell'AFIP alle nuove generazioni di fotografi.

Marirosa suggeriva, avendo sentito il pensiero dell'attuale presidente Giovanni Gastel, che l'AFIP vorrebbe coinvolgere giovani fotografi in Europa.  Conoscendo il mio interesse per l'immagine, vorrei proporti la mia collaborazione e disponibilitá nel cercare i più validi fotografi professionisti/artisti di Londra, dove attualmente vivo. Racconterei loro della nuova AFIP, del bellissimo progetto "LECTIO MAGISTRALI DI FOTOGRAFIA E INTORNO ALLA FOTOGRAFIA" alla Triennale di Milano in primavera 2013. Cogliendo cosi, di ogni fotografo e studio, i tanti modi di lavorare da comunicare come esperienze ad altri.  Questo mi porterebbe a conoscere il loro metodo lavorativo, un inserimento che aiuterebbe la mia ricerca verso la fotografia professionale. Mi dici cosa ne pensi? Torno spesso a Milano, e mi piacerebbe molto conoscerla se ci fosse l'opportunitá in futuro.

Cordiali Saluti

Tomaso Lisca

mercoledì 28 novembre 2012

AFIP Domanda a Ferdinando Scianna

Nell’ambito delle iniziative che AFIP sta mettendo in campo per aprirsi sempre di più alle nuove generazioni ci è parso utile cominciare col mettere in rete il quesito dei quesiti:
 “In questo terzo millennio di enormi cambiamenti tecnologici, in cui la velocità di fruizione delle immagini prodotte nel mondo è quasi istantanea, esiste ancora una specificità della fotografia italiana, un vedere italiano che differenzi la nostra fotografia da quella straniera?”
Qui di seguito una serie di risposte di esponenti che appartengono a vario titolo al nostro mondo e che serviranno da stimolo per aprire una discussione che speriamo ampia e a molte voci.
Il vostro parere è indispensabile per creare la fotografia del futuro!


“Secondo lei esiste una fotografia italiana? Se si, quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono?”

Photo by Diego Ronzio

Ferdinando Scianna  -  Fotografo

Risponde:

Buona domanda, difficilissima risposta.
Per molto tempo ho creduto che la fotografia italiana, per ragioni storiche e sociali, soprattutto, non avesse fatto a tempo a costruire un suo sistema di segni, di caratteristiche che la rendessero originale, o almeno riconoscibilmente peculiare.
Non è avvenuto come in Francia, dove la nuova borghesia assume da subito la fotografia come una propria espressione, la acquista e la regala al mondo.
Non è avvenuto come negli Stati Uniti, dove una società giovane che fondava una nuova realtà sociale e politica e mancava di una grande tradizione storico figurativa trova nella fotografia lo strumento per costruirsene una.
Da noi, nazione appena nata ma culturalmente oberata da una tradizione storica culturale forse troppo pesante, la mancata rivoluzione borghese ha impedito che la fotografia fosse sentita e usata come strumento della modernità.
Chi sono i nostri padri fotografici? Il conte Primoli, scrittori come Capuana e Verga, pittori come Michetti, grandi dilettanti "à la page" di quanto succedeva in Europa che sperimentavano la fotografia come gioco e come autocompiacimento estetico.
Quando la fotografia italiana è diventata un fenomeno molto più diffuso, per anni è stato l'affare dei circoli fotografici.  Il crociano Cavalli era il suo profeta.
I fotografi che hanno tentato di uscire da quella pur interessante palude hanno guardato alla fotografia francese e americana, soprattutto.
Un paradosso è, per esempio, che il fenomeno economico culturale forse più cospicuo della contemporaneità italiana - la moda e il design - non hanno saputo costruire contemporanee mitologie di fotografi italiani.
Eppure, il fotografo forse più difficile da collocare, Mario Giacomelli, è un fotografo incontestabilmente italiano. Molto italiano è il cosmopolita Mulas. Sento molto italiani Basilico e Berengo Gardin.
Adesso mi pare di poter dire che anche se è difficilissimo isolare le caratteristiche specificamente italiane della nostra fotografia, pure è possibile, credo, individuarne una certa cadenza speciale.
 Una solida aria di appartenenza alla nostra grande tradizione figurativa, una certa vocazione, almeno fino a un certo momento, alla narrazione sociale e culturale.
Sì, forse esiste una fotografia italiana. Forse.  


Ferdinando Scianna

venerdì 23 novembre 2012

AFIP Domanda a Fabio Castelli

Nell’ambito delle iniziative che AFIP sta mettendo in campo per aprirsi sempre di più alle nuove generazioni ci è parso utile cominciare col mettere in rete il quesito dei quesiti:
 “In questo terzo millennio di enormi cambiamenti tecnologici, in cui la velocità di fruizione delle immagini prodotte nel mondo è quasi istantanea, esiste ancora una specificità della fotografia italiana, un vedere italiano che differenzi la nostra fotografia da quella straniera?”
Qui di seguito una serie di risposte di esponenti che appartengono a vario titolo al nostro mondo e che serviranno da stimolo per aprire una discussione che speriamo ampia e a molte voci.
Il vostro parere è indispensabile per creare la fotografia del futuro!


“Secondo lei esiste una fotografia italiana? Se si, quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono?”

Fabio Castelli - Pres. MIA e collezionista


Risponde:

Mi scuso per il grande ritardo con cui le rispondo, ma più volte mi sono ripromesso di scriverle ma l'argomento è talmente vasto e, per me, talmente interessante, che non sono stato capace di pensare ad una risposta adeguata sinteticamente espressa.
Ho più volte pensato agli stati generali sulla fotografia dove si potesse impostare e discutere, insieme ai numerosi altri argomenti che l'argomento imporrebbe, anche quello sul ruolo della fotografia italiana e sulle sue caratteristiche.
Non ho ancora identificato la piattaforma con la quale realizzare questo progetto ma, prima o poi, ne verremo a capo e probabilmente MIA fair sarà una buon mezzo di comunicazione, mediante il suo programma degli eventi culturali.
Se comunque  è sufficiente la massima sintesi, la risposta è SI.
Con i miei migliori saluti anche a Giovanni


Fabio Castelli

giovedì 22 novembre 2012

Francesco Bellesia "Scannate"

L'AUTORE: Fotografo professionista da 40 anni, è stato Presidente dell'Afip (Associazione Fotografi Professionisti Italiani), Bellesia particolarmente interessato allo "Still-life" e ha condotto campagne pubblicitarie per importanti aziende del settore alimentare (Barilla, Kraft, Nestlè, Conad, Fini, Yoga, Buitoni, Kimbo, ecc.). Sin dal 1994 ha prestato la giusta attenzione allo sviluppo dell'immagine digitale, dalla ripresa alla post produzione, fino alla stampa.

"... questa non è una mostra fotografica convenzionale, per il semplice motivo che per realizzare le immagini che la compongono non è stato usato lo strumento che convenzionalmente si utilizza per realizzare una fotografia e cioè una macchina fotografica. Ho sempre osservato il mio scanner, niente di che, con lo stesso patos con il quale osservo tutti gli oggetti più o meno tecnologici appoggiati sopra, sotto, di fianco, di sopra alla mia postazione di lavoro, ma un giorno e non so dire perché proprio quel giorno, mi ha incuriosito ed ho cominciato ad osservarlo con un certo interesse. Poteva dare di più! Il risultato è questa mostra."


mercoledì 21 novembre 2012

“Il valore della comunicazione per immagini”


Posizione comune Afip e CNA Comunicazione – Lombardia sulla riforma della scuola superiore che mette ai margini l’insegnamento della fotografia.

Nella riforma scolastica che il Governo sta portando a compimento, la disciplina "tecnica fotografica" sta scomparendo quasi del tutto o comunque è relegata ad un ruolo fortemente marginale nella formazione dei curricula scolastici. I fotografi insegnanti di fotografia saranno posti in esubero già da settembre prossimo e le ore di fotografia saranno insegnate da grafici. Entro dicembre è previsto un ultimo ridisegno della confluenza e della distribuzione delle ore della materia negli istituti. Gli insegnati del Coordinamento della A065 (così si chiama la materia in gergo ministeriale, le associazioni di settore e realtà del mondo del lavoro (art director, photo editor, grafici), figure del mondo della cultura o imprenditoriale chiedono al Ministero dell’Istruzione la revisione delle linee guida finora pubblicate e l'inserimento della tecnica fotografica  negli istituti per grafici e comunicazione e nei licei artistici.

L’Afip e CNA Comunicazione-Lombardia ha a tale scopo hanno inviato il seguente documento:

Milano, 16 novembre 2012                   

Alla cortese attenzione di:
-       Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca
-       Commissione Riforma Scolastica - scuola secondaria superiore


La riforma della scuola superiore recentemente avviata tende ad una progressiva ed incomprensibile diminuzione ruolo della fotografia nei corsi di studio delle classi professionali e non include l’insegnamento della stessa nei licei e nei nuovi indirizzi attivati.

E’ sotto gli occhi di tutti che nelle strategie di comunicazione contemporanee l’uso della fotografia e del video sono in costante e crescente sviluppo. I più illustri sociologi dell’età moderna prefiguravano la società futura alla loro  come la società delle immagini, sottolineando con questo il ruolo che la fotografia ha assunto sin dalla sua invenzione come strumento di linguaggio di primaria importanza.
Oggi più che mai tutte le tecnologie contemporanee legate alla produzione di comunicazioni multimediali hanno assorbito e declinato i codici linguistici della fotografia all’interno dei propri ambiti visivi ed estetici (il video, la realtà virtuale, i videogames, la realtà aumentata e le animazioni digitali).

Questi fattori determinano una richiesta di formazione a cui rispondono nel panorama contemporaneo diversi soggetti, pubblici e privati, tra i quali naturalmente anche la scuola pubblica.

Alla luce di queste considerazioni ci appare oltremodo contraddittorio che all’interno della scuola pubblica non sia riconosciuto l’importante ruolo che la fotografia riveste, sia nella formazione di quelle figure che saranno destinate alla produzione diretta delle immagini, sia di quelle figure che le immagini le tratteranno all’interno di progetti comunicativi più complessi.

Con la riforma, inoltre, l’insegnamento della fotografia è stato sottratto alle figure professionali che maggiormente comprovano una formazione e una preparazione adeguata a tale impegno (laurea e titoli professionali) per disperderlo nel più ampio contenitore delle discipline multimediali e destinarlo quindi a docenti scarsamente preparati nello specifico della materia.

Poiché siamo certi che il mondo dell’arte, della cultura e della comunicazione trarrebbe grande beneficio attribuendo il giusto valore all’insegnamento della fotografia nelle scuole superiori, Vi chiediamo di riconsiderare ed ampliare il ruolo e lo spazio di questa disciplina all’interno della scuola pubblica Italiana.

Franco Ceriani                                                              Alfredo Pratelli
Presidente Unione Comunicazione                                   Presidente Afip
e Terziario Avanzato - CNA Lombardia                            Associazione Fotografi Professionisti

mercoledì 25 luglio 2012

AFIP domanda a Italo Zannier

Nell’ambito delle iniziative che AFIP sta mettendo in campo per aprirsi sempre di più alle nuove generazioni ci è parso utile cominciare col mettere in rete il quesito dei quesiti:
 “In questo terzo millennio di enormi cambiamenti tecnologici, in cui la velocità di fruizione delle immagini prodotte nel mondo è quasi istantanea, esiste ancora una specificità della fotografia italiana, un vedere italiano che differenzi la nostra fotografia da quella straniera?”
Qui di seguito una serie di risposte di esponenti che appartengono a vario titolo al nostro mondo e che serviranno da stimolo per aprire una discussione che speriamo ampia e a molte voci.
Il vostro parere è indispensabile per creare la fotografia del futuro!


“Secondo lei esiste una fotografia italiana? Se si, quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono?”

Italo Zannier - Storico, fotografo e critico della fotografia

Risponde:

La fotografia “italiana” ha certamente un suo carattere ( non soltanto oggi, con il “paesaggio”, e storicamente fu in gran parte affidato alla tipologia “Alinari”, nella seconda metà dell'800. Una fotografia eccellente, specialmente nella “riproduzione” ( o meglio, nella trascrizione”, o”traduzione” … ) d'arte. Immagini comunque leziose, neutrali il più possibile nei segni della luce e nel contrasto grafico. Mai un azzardo nella prospettiva, un anomalia nel punto di vista o nell'illuminazione. Una fotografia persino noiosa, che gli storici dell'arte – a loro volta tradizionalisti “accademici”, hanno comunque utilizzata, ritenendo quelle immagini, una “copia tascabile” e obiettiva della realtà, in un pre-concetto che purtroppo sussiste.
Pochi invece, capirono che la fotografia è una “lettura” del reale- ideologica lettura, oltre che tecnica – come la pensò Corrado Ricci o Bernard Berenson, che la rispettavano e la pretendevano, specialmente quest'ultimo, un giudizio fotografico, prima di ogni altro.
Ma ritorniamo alla domanda!
Con un'altra premessa, però, affermando che la fotografia è innanzi tutto IDEOLOGICA. “ideologica” come concetto di vita, di illusioni, di progetti, infine di cultura.
Gli italiani, ideologicamente – è ormai un luogo comune -, sembrano invece ancora confusi ( anche in senso “nazionalistico” ) e ciò si riflette ovviamente non soltanto nella politica, ma anche nella produzione artistica compresa la fotografia. La nostra fotografia infatti generalmente neutrale, timida, vassalla di una nostrana cultura umanistica, persin provinciale, che tuttora ci penalizza anche negli studi filologici e concettuali.
L'identità della fotografia italiana credo vada ricercata li, in questa sua specifica “timidezza” , che a livello internazionale la relega spesso in serie B, nonostante tutto, anche i molti riconoscimenti ufficiali, che non mancano, a parole e medagliette e in cento mostre, tra eventi dilettanteschi e rievocazioni storicistiche. Il grande collezionismo, invece, sembra disattento nei nostri confronti, basti considerare le ultime aste londinesi!
Facendo finta di niente e con un po' di cattiveria, potremmo aggiungere che la fotografia italiana è ancora connotata ( si vedano i cataloghi dei tentativi d'asta ! ) da un'impresa fotoamatoriale, quella sviluppatasi appassionatamente nel dopoguerra, negli anni Cinquanta-Sessanta nel dibattito, spesso sterile, fra “formalismo” e “neorealismo” ( a loro volta eventi culturali ideologici, e persino politici ), spesso riferiti a esempi stranieri, già allora superati e arditamente imitati, come l'umanesimo francese o il soggettivismo tedesco. Anche il “paparazzismo”, a rileggerlo, fu “debole”, nonostante il beffardo Secchiaroli !
La nostra fotografia manca di “drammaticità” ( si salvò Mario Giacomelli, con pochi altri ), eppure abbiamo vissuto, e tuttora siamo immersi in momenti anche drammatici, eccome!
La politica, il giornalismo ipocrita ( nel dopo Longanesi e Pannunzio … ), hanno comunque spesso, a loro volta, condizionato anche il lavoro dei fotografi, annacquando la specificità e l'efficacia internazionale della nostra fotografia.

Cordialmente, con molti auguri per la sua iniziativa.

Italo Zannier, Lignano Pineta 3 Luglio 2012.

martedì 24 luglio 2012

AFIP domanda

Nell’ambito delle iniziative che AFIP sta mettendo in campo per aprirsi sempre di più alle nuove generazioni ci è parso utile cominciare col mettere in rete il quesito dei quesiti:
 “In questo terzo millennio di enormi cambiamenti tecnologici, in cui la velocità di fruizione delle immagini prodotte nel mondo è quasi istantanea, esiste ancora una specificità della fotografia italiana, un vedere italiano che differenzi la nostra fotografia da quella straniera?”
Qui di seguito una serie di risposte di esponenti che appartengono a vario titolo al nostro mondo e che serviranno da stimolo per aprire una discussione che speriamo ampia e a molte voci.
Il vostro parere è indispensabile per creare la fotografia del futuro!


"Secondo lei esiste una fotografia italiana? Se sì, quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono?"

Alessia Paladini, galleria Forma

Risponde:

 La fotografia italiana esiste, ed è a mio parere molto vitale e stimolante, anche se non credo si possa parlare di una “scuola italiana”. Esistono grandi talenti, sia tra i maestri della tradizione del novecento che tra le nuove generazioni di emergenti; trovo però che sia necessario e imprescindibile uno sforzo maggiore per fare conoscere la fotografia italiana e i suoi protagonisti a livello internazionale, permettendo così di uscire da una dimensione “provinciale” che penalizza da sempre i nostri artisti”.

Alessia Paladini

Luca Panaro, critico d'arte

Risponde:

Venuta meno la possibilità di ricoprire un ruolo prestigioso nel nostro Paese, la fotografia italiana contemporanea ha cercato prima delle altre nazioni il riconoscimento oltre confine, e questo le ha dato un vantaggio considerevole rispetto alle “avversarie” europee. La grande varietà di proposte e di caratteri stilistici che la caratterizzano, ha permesso alla nostra fotografia di distinguersi dall'omologazione che spesso connota la scena internazionale. I fotografi italiani non si riconoscono in uno stile, non possiamo parlare di una “scuola”, anche se a volte lo si è fatto a proposito del paesaggio, piuttosto di una serie di battitori liberi accomunati da una spiccata sensibilità a cogliere i tratti salienti del proprio tempo.

Luca Panaro, critico d'arte 

martedì 3 luglio 2012

L'inizio 1960

1960. In un sala di posa milanese, nello studio di Giancolombo un gruppo di tredici uomini, con abito scuro e cravatta, guardano ironici verso l’obiettivo che rappresenta il quotidiano strumento del loro lavoro ed assieme un simbolico impegno associativo, cha da poco hanno assunto.  Sono i soci più attivi della novella Associazione Fotografi Italiani Professionisti, AFIP.

Da sinistra in alto: Giancolombo, Gianni Della Valle, Fedele Toscani, Alfredo Pratelli, Luciano Ferri, Gian Greguoli,
Mario Dainesi, Roberto Zabban, Aldo Ballo, Italo Pozzi,
Davide Clari, Edoardo Mari, Gian Sinigaglia
Un sodalizio dapprima ristretto, poi più esteso - ma sempre selezionato - che si pone il proposito ambizioso di rinnovare tecnicamente e culturalmente il mestiere della fotografia.
Negli oltre 52 anni che ci separano da quel gruppo in posa è racchiusa una lunga vicenda di sforzi creativi e deontologici, di maturazione tecnica e gestionale.
I soci dell’Afip, che fin dall’inizio non vollero costituirsi sulla base di una semplice rappresentanza sindacale o corporativa, ma anzi, subordinarono l’ammissione alla presentazione di un portfolio
di immagini, hanno costantemente rappresentato i caratteri di più alta dignità nella professione.
I soci dell’Afip si sono posti immediatamente il fine ambizioso di difendere la libera professione, rivolti soprattutto alla produzione industriale e pubblicitaria, alla moda, all’editoria.